Visto che a tanti è piaciuta l'idea, inauguro la categoria con un tipico piatto milanese che nel 2007 ha ricevuto la De.Co. (Denominazione Comunale) con delibera della Giunta Comunale del 14-12-2007. La De.Co. (Denominazione Comunale) è un riconoscimento dato dall'Amministrazione Comunale a prodotti gastronomici legati al territorio comunale ed alla sua collettività, chiaramente non si pone sullo stesso piano delle denominazioni d'origine ma è un primo segno di appartenenza che la popolazione di un territorio vuole far conoscere all'esterno e riconoscere nel contempo come suo.
L'Ossobuco alla Milanese: notizie storiche
Sfogliando i ricettari dedicati ai più tradizionali piatti di carne bovina della cucina milanese, si nota che al manzo si è sempre preferito il vitello. L'ossobuco, la costoletta, il rostin negàa, richiedono infatti, nella loro originale esecuzione, esclusivamente l'uso di questo tipo di carne. Il motivo di tale scelta è la sua morbidezza. Il vitello, per essere tenero, non deve superare il peso di 300 kg. e aver ricevuto un'alimentazione solo a base di latte.
Per l'Ossobuco si usa di preferenza il geretto, o garretto, posteriore di vitello che è il più tenero. Le fette ricavate, il cui spessore può variare da 3 a 4 cm., sono comprensive di osso centrale con midollo. Quest'ultimo è di fondamentale importanza e costituisce l'elemento irrinunciabile del piatto perché, sciogliendosi durante la cottura insieme al connettivo che lega la polpa, contribuisce a conferire mostosità al cibo. La preparazione è in umido: la carne viene fatta cuocere in un intingolo ristretto, a bassa temperatura con l'aggiunta di liquidi, poco alla volta. Con questo procedimento essa può rimanere sul fuoco, anche a lungo, senza che vi sia dispersione di sapore. A cottura quasi ultimata, la carne deve essere ulteriormente insaporita da un trito a base di prezzemolo, aglio e limone detta "gremolata". La ricetta originale prevede la cottura in "bianco", ossia senza pomodoro. Questo ortaggio, che nel 1700 era già diffuso in molte regioni italiane (soprattutto nel sud d'Italia), è stato a lungo ignorato dalla cucina meneghina. La pianta, ritenuta al tempo da alcuni perfino velenosa, aveva una funzione esclusivamente ornamentale. Solo alla fine del secolo successivo compariranno preparazioni che includono l'uso del pomodoro. Divenuto piatto di culto, l'Oss Buss, oltre che essere servito da solo, può essere accompagnato da polenta, purè di patate, spinaci al burro e, naturalmente, dal risotto alla milanese.
ma ecco la ricetta tratta proprio dalla delibera comunale e riconosciuta come disciplinare:
Ingredienti per 4 persone:
- 4 tranci di stinco di vitello alti 4 cm. ("geretto", o garretto, circa 300 g. l'uno), tagliati nella parte bassa, dove l'osso è piccolo e ripieno solo di midollo, non di osso spugnoso
- Farina bianca
- 50 g. di burro
- 1/4 di cipolla tritata
- Un mestolo di brodo
- Un piccolissimo pomodoro fresco spellato e tritato o la punta di un cucchiaio di salsa di pomodoro (non indispensabile)
- Sale
Per la "gremolada"
- Buccia di un limone grattugiata
- Mezzo spicchio di aglio (non indispensabile)
- Un'acciuga deliscata
- Una manciata di foglie di prezzemolo tritate
Preparazione:
In un tegame largo imbiondire la cipolla nel burro, mettere gli ossibuchi leggermente infarinati, rosolarli da ambo le parti, voltandoli senza pungerli. Versarvi un poco di brodo, il pomodoro (in quantità minima perché la cucina milanese ha resistito più di altre cucine all'introduzione di questo ortaggio che nel '700 aveva già conquistato molte altre cucine), il sale, coprire il tegame e portare a cottura a fuoco lento per un'ora e mezza circa, finché hanno un aspetto leggermente glassato. Cinque minuti prima di servire, aggiungere la "gremolada", ossia un trito di buccia gialla di limone, prezzemolo, aglio e acciuga, mescolare bene e servire possibilmente con risotto alla milanese.